I mesi passano, gli spread delle banche forniscono segnali di aumento ma, alla fine, i tassi di interesse applicati alle nuove operazioni di mutuo per l’acquisto di una casa sembrano essere gli stessi. È questa, in estrema sintesi, una delle panoramiche scattate dal nuovo bollettino mensile dell’ABI, che tra le sue righe contribuisce a delineare in che modo si sta evolvendo il rapporto tra le banche e i consumatori desiderosi di metter mano su un finanziamento che possa tramutare in realtà il proprio desiderio di acquistare una prima abitazione di proprietà.
Tassi medi all’1,87%
Andando con ordine nell’esposizione dei principali dati di corredo del dossier dei banchieri, emerge come la crescita del mercato dei mutui si sia contraddistinta per un incremento del 2,5% nell’importo totale dei finanziamenti in essere delle famiglie, e come – nel frattempo – il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni sia risultato esser pari all’1,87%, contro l’1,91% del mese precedente e il 5,72% che fu toccato alla fine del 2007, agli albori della lunga crisi economico finanziaria.
Considerate anche le altre forme tecniche di prestito, emerge altresì come il tasso medio sul totale dei finanziamenti sia calato al 2,58%, contro il 2,59% del mese precedente e il 6,18% che fu toccato poco prima dell’inizio della congiuntura sfavorevole.
Migliora la qualità del credito
Dal bollettino emerge inoltre come gli istituti di credito stiano positivamente proseguendo nel loro sforzo di contenimento delle sofferenze, con il dato netto (cioè, calcolato tenendo in considerazione le svalutazioni e gli accantonamenti già effettuati dalle banche con le proprie risorse) che è ora pari a 33,6 miliardi di euro, contro i 54,5 miliardi di euro di un anno fa (- 21 miliardi di euro, o – 38,3% in termini relativi) e contro i 77 miliardi di euro di due anni fa (- 43,4 miliardi di euro, o – 56,3% in termini relativi). Si tratta di una progressione costante, che rende un lontano ricordo quanto avveniva a novembre 2015, il momento in cui il dato storico toccò il suo massimo di 88,8 miliardi di euro.
Si tenga conto inoltre che è in calo anche il dato proporzionale al totale impieghi, considerato che la relazione tra le sofferenze nette e gli impieghi totali è oggi pari all’1,95%, contro il 3,16% di febbraio 2018 e il 4,41% di febbraio 2017 (a novembre 2015, al suo apice, era al 4,89%).
Poche novità dalla raccolta
Concludiamo infine con un cenno sull’andamento delle raccolta da clientela, dove le aspettative hanno trovato conferma. Cominciamo così ricordando come l’evoluzione della raccolta complessiva (ovvero, quella ottenuta sommando i dati sui depositi con quelli delle obbligazioni) sia in crescita dell’1,2% su base annua a marzo 2019, grazie soprattutto al contributo della raccolta da depositi.
I depositi (conti correnti, certificati di deposito, pronti contro termine) sono infatti aumentati di circa 43 miliardi di euro su base annua (+ 3% a/a), con tassi stabili allo 0,36% per quanto concerne i depositi e in incremento all’1,73% (ex 1,68%) sul fronte dei pronti contro termine). Di contro, raccolta di più lungo termine, quella obbligazionaria, ha fatto registrare un decremento di circa 23 miliardi di euro (- 8,6% anno su anno), con tassi medi del 2,32% (contro il 2,33% del mese precedente).
Lo spread fra il tasso medio sui prestiti e quello sulla raccolta rimane in Italia su livelli bassi, pari a 198 punti base (ex 199 pb il mese precedente, ex 335 punti base alla fine del 2007.
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