Mutui casa: tasso fisso o variabile, cosa scegliere nel 2023?

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Uno dei grandi dilemmi in capo ai mutuatari del 2023 è legato alla scelta del tasso fisso o del tasso variabile per il proprio finanziamento casa. Se infatti tale selezione era quasi scontata fino a non molto tempo fa, con i tassi ai minimi storici, il nuovo anno ha prevedibilmente portato in dote una prevedibile conseguenza: il continuo rialzo dei tassi di mercato potrebbe portare coloro che hanno stipulato un mutuo a tasso variabile negli scorsi anni a pagare un importo superiore a oltre il 50% rispetto alla prima rata del proprio piano di ammortamento se i rialzi dei tassi dovessero proseguire con questo ritmo anche nei prossimi mesi e, in particolare, se l’Euribor a 3 mesi crescerà ancora di oltre 1 punto entro giugno 2023.

La variabile inflazione

In questo scenario, la principale variabile da valutare è certamente l’inflazione, considerato che questo dato macroeconomico non potrà che guidare le decisioni delle Banche centrali e, in particolare, la loro politica monetaria in materia di tassi. Ora che la super inflazione sta dando i primi segnali di concreto raffreddamento, è però possibile che gli istituti monetari possano rallentare il ritmo dei rincari del costo del denaro.

A ciò si aggiunga anche che il mercato dei future sta prezzando l’Euribor al 3,4% entro la fine dell’anno, per poi calare sotto il 2,5% nel 2024-2025. Insomma, per i mercati il costo del denaro sul mercato interbancario dovrebbe rallentare la propria crescita già nel medio-breve termine.

Quale mutuo scegliere?

Ma allora che mutuo scegliere? Conviene indebitarsi ancora a tasso fisso, o passare al tasso variabile scommettendo sul fatto che entro i prossimi 12-24 mesi i tassi fermeranno la propria crescita e, dopo, potrebbero invertire la tendenza?

Naturalmente, non c’è una risposta uguale per tutti. Chi si sta indebitando a tasso fisso lo fa nella consapevolezza di poter fruire del beneficio di congelare l’importo delle rate, in un contesto in cui i tassi finiti applicati ai mutui sono comunque molto inferiori all’inflazione. Chi invece si sta indebitando a tasso variabile potrebbe godere di un maggiore vantaggio se le previsioni di cui sopra dovessero realmente concretizzarsi.

Se questi sono i benefici, non mancano i rovesci della medaglia. Per esempio, chi decide di stipulare un mutuo a tasso variabile deve necessariamente conoscerne i rischi: si espone infatti al pericolo di un forte rincaro del costo del finanziamento se i tassi dovessero convergere su livelli ancora più sostenuti, verso i livelli della Fed, rispetto alla certezza finanziaria del tasso fisso.

Ecco, dunque, che molti mutuatari optano per una soluzione intermedia, iniziando con un tasso fisso che possa tutelarli dai rischi di breve termine e da un’ondata di inflazione che potrebbe replicare quella degli anni ’70 (scenario per il momento ancora marginale), e riservandosi la possibilità di passare al tasso variabile attraverso una surroga. Una scelta che si basa sull’auspicio che le banche non aumentino intanto gli spread su questa opzione, confidando a loro volta che a quel punto potrebbe divenire la più gettonata dai propri clienti.

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